venerdì 3 febbraio 2012

Affabulazione: il gruppo Ygramul regala intense emozioni con un tragico Pasolini in chiave balinese

Il 28 e il 29 gennaio, presso il Teatro Ygramul, è tornato in scena Affabulazione, opera balinese contro la pedofilia occidentale, liberamente tratta dal testo teatrale di Pier Paolo Pasolini. Si tratta di una tragedia composta da otto episodi e narra del sogno semplice e terribile di un padre che gli susciterà un' inaspettata e lacerante attrazione per il figlio e in qualche modo sembra riportarlo bambino.
L'idea di fondere la tragedia classica con la tradizione del teatro-danza balinese nasce nella testa del regista Vania Castelfranchi dopo un viaggio di studio della compagnia Ygramul sull’isola di Bali nel luglio e agosto 2007. Il gruppo teatrale, venuto in contatto con il teatro tradizionale del luogo, svolse nelle scuole un' attività di formazione a favore delle vittime della pedofilia.
Quella a cui abbiamo assistito è la quarta versione del medesimo spettacolo, versione che apporta novità drammaturgiche, scenografiche, registiche e un cast rinnovato. Appena entrato il pubblico viene frammentato tra i 4 spalti che circondano il "Quadrato-casa" che incornicia il susseguirsi degli episodi. Disposti lungo i lati di questo ring-familiare troviamo i protagonisti della tragedia: un padre, una madre, un figlio e "l'ombra". L'impianto scenografico crea una sensazione voyeristica nello spettatore, quasi a voler spiare dal buco della serratura le vicende di questi personaggi sempre sospesi tra sogno e realtà, tra la dimensione casalinga e quella onirica. I vertici di questa pianta quadrata, un rimando al mondo architettonico balinese fortemente scandito dai punti cardinali, rappresentano in maniera simbolica gli spazi più o meno privati dei personaggi. Al centro di questo soppalco vi è una cavità dalla quale giunge l'eco di voci, il più delle volte appartenenti all'ombra di Sofocle, e suoni distanti.
L'azione scenica dei personaggi prevede l'utilizzo dello spazio a 360° e si divide tra il piano orizzontale e quello verticale: gli attori si arrampicano, scivolano, si lanciano e rimangono sospesi su questa particolare architettura.
Uno spettacolo, audace, denso, ricco di intuizioni e di inventiva che arriva al pubblico sotto diverse forme e dando diversi input. Va metabolizzato per molti motivi, dalla tematica delicata che va a toccare, alla fusione di un codice teatrale come quello balinese, distante dalla cultura occidentale e che ha quindi bisogno di essere assimilato. Tutto ciò suscita una sensazione di straniamento che deriva dall'alternarsi di codici tra un episodio e l'altro attraverso l'uso delle maschere e di uno studio vocale e fisico che oscilla tra Poetico e Naturalistico, ma una volta entrati nell'ottica della messa in scena questa acquista una tragica intensità.


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